Storie all'ombra del malfrancese by Antonio Tosti

Storie all'ombra del malfrancese by Antonio Tosti

autore:Antonio Tosti [Tosti, Antonio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sellerio
pubblicato: 2013-07-17T22:00:00+00:00


La luminosa ascesa e la fine amara

del maestro Battista da Vercelli

A Francesco Gonzaga marchese di Mantova toccò, intorno al 1510, un rimarchevole incidente (che quando capitava ad una persona comune si chiamava esemplare castigo): si prese il malfrancese. Così proprio lui, condottiero dell’esercito della Lega contro Carlo VIII, che aveva visto questo flagello infierire durante quella tormentosa campagna doveva sperimentare 15 anni dopo, sulla sua pelle (e sulle sue ossa), quelle «piachette» e quelle doglie che il maestro Battista da Vercelli, sifilojatra del tempo, menzionava in una sua lettera che ci dette occasione di incontrarlo per la prima volta.

Eccola questa lettera:

Ill.mo et Ex.mo Sr. mio…

Per avere inteso quella [cioè Ella] essere alquanto offensa de alcune piachette et doglie de malfranzoso… me offero con vera experientia et virtù mia, Deo dante, de curare quella da huomo dabbene, senza ungere, et se quella vole bona informatione di me, de molte experientie et cure facte per man mia, V. S. scriva al S. Mag.co Giuliano de’ Medici et al Ill.mo et R.mo S. Cardinal di Ferrara, li quali so che faranno bona relacione de le optime virtù mie, et così ancora quella lo poterà intendere ne la città di Firenze, dove n’ò sanato quatrocento et in Italia non è persona la quale abbia tale secreto.

In Roma adì 2 agosto 1513

Fidelissimo servitore di S.V.

M.RO BATISTA DA VERCELLI

Dopo quasi cinque secoli questa lettera resta significantissima. Essa rivela il mediocre livello culturale del suo autore e lascia dubitare che egli fosse abilitato all’esercizio della medicina, anche se si firma talvolta «medicus».

È comunque singolare che si servisse dei nomi di Giuliano de’ Medici (fratello di Leone x) e del cardinale Estense, entrambi infranciosati, perché dessero conferma «su le optime virtù» sue (si pensi che proprio il cardinale Estense aveva richiesto ad un suo segretario che si celasse il tipo di rimedio che il Vercelli gli voleva prescrivere). Che poi costui avesse «sanato» in Firenze, in un paio di anni (prima era in carcere a Venezia), più di quattrocento infranciosati, non poteva essere preso sul serio neppure allora.

Furbescamente egli minimizza il sifiloderma ulceroso del Gonzaga definendolo «alcune piachette… di malfranzoso» ed impiega quel promettente «senza ungere» alludendo alle notoriamente sgradite unzioni mercuriali.

La lettera si chiude con un’ultima finezza: «… et in Italia non è persona la quale abbia tale secreto». Dopo di che egli si dichiara «Fedelissimo servitor di S. V.».

La corte di Mantova non abboccò alle profferte del maestro Battista ma Francesco Gonzaga non sembra fosse stato in mani molto migliori, come appare dalle lettere del segretario Benedetto Capilupi ad Isabella Gonzaga, la quale prudentemente era lontana da Mantova in quel periodo.

Nel gennaio 1513 Capilupi scriveva alla marchesa: «Lo Ill.mo S. mio ha come finita la sua unctione, per quanto intendo, ché per lassarsi vedere a pochi non ho voluto esser de quelli; ma non è senza un pochetto de febre et sentese debile. Sperasi che questa unctione giovarà servando bona regula de la vita, come promette voler fare».

La chiusa è rivelatrice della natura del personaggio considerato, non si sa se a torto, fatuo e donnaiolo.



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.